REGISTRO DEI TITOLARI EFFETTIVI: IL M. 29 SETTEMBRE 2023
IN VIGORE UN NUOVO REATO PRESUPPOSTO: TRASFERIMENTO FRAUDOLENTO DI VALOR
IL DIRITTO ALL’OBLIO ON-LINE: LA TUTELA DELLA PRIVACY IN RETE ALLA LUCE DELLA RECENTE SENTENZA CEDU DEL 4 LUGLIO 2023
LE NUOVE REGOLE PER LA REDAZIONE DEGLI ATTI CIVILI
REGISTRO DEI TITOLARI EFFETTIVI: IL M. 29 SETTEMBRE 2023
Con Decreto n. 55 dell’11 marzo 2022 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, recante il “Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust” (di seguito, “D.M. MEF-MISE”), è stato istituito il Registro dei titolari effettivi, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 231/2007 concernente la Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (di seguito, Decreto Antiriciclaggio), ed in attuazione della cosiddetta Direttiva Antiriciclaggio 2015/849/UE.
L’introduzione di tale Registro, tenuto presso le Camere di Commercio, è volto a garantire la trasparenza e l’individuazione dei titolari effettivi delle società e degli enti giuridici, al fine di contrastare l’evasione fiscale, il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo: occorre precisare che, per titolare effettivo si intende la persona fisica che possiede o controlla un’entità giuridica ovvero ne risulta beneficiaria.
Con D.M. 29 settembre 2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 9 ottobre 2023, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (già MISE) ha attestato l’operatività del sistema di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla summenzionata titolarità effettiva.
In particolare, quest’ultimo Decreto prevede che dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del medesimo provvedimento decorra il termine perentorio di 60 giorni per effettuare le comunicazioni dei dati e delle informazioni di cui all’art. 3 del D.M. MEF-MISE, n. 55/2022. Secondo tale disposizione, entro l’11 dicembre 2023 “gli amministratori delle società di capitali e nelle persone giuridiche private il fondatore, ove in vita, oppure i soggetti cui è attribuita la rappresentanza e l’amministrazione e il fiduciario di trust o di istituti giuridici affini” dovranno comunicare all’ufficio del Registro delle Imprese della Camera di Commercio territorialmente competente i dati e le informazioni relativi alla titolarità effettiva, acquisiti ai sensi dell’art. 22, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 231/2007 (c.d. Decreto Antiriciclaggio), per la loro iscrizione e conservazione nella sezione autonoma o speciale del Registro delle Imprese.
L’inadempimento da parte dei soggetti obbligati della comunicazione sulla titolarità effettiva comporterà l’irrogazione, da parte della competente Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA), della relativa sanzione amministrativa pecuniaria, compresa tra i 103 e i 1.032 Euro, ai sensi dell’art. 2630 c.c.
2. IN VIGORE UN NUOVO REATO PRESUPPOSTO: TRASFERIMENTO FRAUDOLENTO DI VALORI
È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 137/2023, di conversione del Decreto Omnibus bis (o Decreto Giustizia) del 10 Agosto 2023, n. 105, recante le “Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione”, che ha introdotto delle modifiche al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231. In particolare, tra i reati-presupposto previsti all’art 25-octies.1 del D.Lgs. n. 231/2001, concernenti i delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti, è stato aggiunto il delitto di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.).
L’art. 512-bis c.p., introdotto dal D.Lgs. n. 21/2018, sanziona la condotta di chi “attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648 (ricettazione), 648 bis (riciclaggio) e 648 ter (impiego di denaro, di beni o utilità di provenienza illecita)”.
L’introduzione, nel catalogo dei reati-presupposto di cui al D.Lgs. n. 231/2001, del delitto di trasferimento fraudolento di valori consente di estendere la responsabilità degli enti anche a tutte quelle condotte che, pur non configurando un reato di riciclaggio, sono comunque finalizzate a ostacolare le indagini della polizia giudiziaria ovvero a dissimulare la provenienza illecita dei proventi di reato.
IL DIRITTO ALL’OBLIO ON-LINE: LA TUTELA DELLA PRIVACY IN RETE ALLA LUCE DELLA RECENTE SENTENZA CEDU DEL 4 LUGLIO 2023.
Il tema del diritto all’oblio nell’odierna network society, ha reso necessaria l’elaborazione del diritto all’oblio “on-line”, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea già nel 2014, con la nota sentenza C-131/12. Nella sentenza in parola, la Corte ha stabilito che i gestori dei motori di ricerca devono essere identificati quali Titolari del trattamento dei dati personali presenti nei risultati di ricerca, e che gli interessati, di conseguenza, hanno il diritto di richiedere la rimozione di tali dati se gli stessi non risultino più pertinenti o rilevanti in relazione al concetto di pubblico interesse.
Secondo la giurisprudenza della CEDU, la nozione di interesse pubblico non può certamente essere ridotta alla mera esigenza di informazioni relative alla vita privata degli altri, o al desiderio di sensazionalismo o addirittura di voyeurismo del lettore. In questo contesto, il contributo di un articolo di giornale, anche on line, a un dibattito di interesse pubblico può persistere nel tempo, sia per l’informazione stessa sia per nuovi fattori emersi dopo la pubblicazione, ad esempio successivi sviluppi nel procedimento giudiziario originario.
Tuttavia, i cosiddetti “archivi online” contengono informazioni raramente di stretta attualità ed il loro attuale contributo a un dibattito di interesse pubblico nella maggior parte dei casi non è decisivo. In assenza di un contributo a tale dibattito, occorre accertare se le informazioni archiviate interessino il pubblico per altre finalità, ad esempio per scopi storici o scientifici.
Su questo tema si è di recente pronunciata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (di seguito, Corte EDU), con sentenza resa il 4 Luglio 2023, nella causa Reg. n. 57292/16.
Nel caso in esame, un uomo di nazionalità belga, era stato condannato per omicidio colposo per un incidente stradale avvenuto nel 1994. L’articolo che riportava l’incidente era stato pubblicato, prima, su un quotidiano e successivamente inserito negli archivi online del medesimo giornale. Nel 2010, il predetto chiese al giornale di rimuovere l’articolo dagli archivi in rete, ritenendo che la sua pubblicazione continuava a danneggiare non solo la sua reputazione ma anche la sua attività lavorativa.
La Corte d’Appello di Liegi, riconoscendo la fondatezza della domanda, ordinò al giornale di anonimizzare l’articolo contenuto negli archivi online. In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto che, sebbene l’articolo fosse un resoconto accurato di un evento di interesse pubblico, non si potesse ritenere persistente alcun interesse contemporaneo nella sua pubblicazione.
In tal senso, a giudizio della Corte EDU gli eventi riportati nell’articolo non avevano alcun significato storico, poiché l’articolo si riferiva ad un breve fatto di cronaca non eccezionale – seppure tragico – che non era stato affermato, e tanto meno dimostrato, essere stato una fonte di particolare interesse pubblico.
In conclusione, la Corte EDU, rigettando il ricorso del giornale, ha ritenuto che la Corte d’appello di Liegi abbia correttamente bilanciato i diritti alla libertà di espressione e al rispetto della vita privata del ricorrente. L’anonimizzazione dell’articolo online risulta essere necessaria per evitare che la continua disponibilità delle informazioni possa avere un grave impatto sulla vita privata del ricorrente e, pertanto, ha ritenuto che la decisione dei giudici nazionali fosse conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo in quanto garantisce adeguatamente sia il diritto alla libertà di espressione che il diritto alla protezione dei dati personali.
LE NUOVE REGOLE PER LA REDAZIONE DEGLI ATTI CIVILI
Lo scorso 11 Agosto veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 187 il Decreto del Ministero della Giustizia 7 agosto 2023, n. 110 contenente il “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo”. Tale Decreto ha efficacia per i soli procedimenti civili introdotti a far data dal 1° Settembre 2023 ed il cui valore sia inferiore ad euro 500.000,00.
L’art. 2 del predetto Decreto, individua gli specifici atti destinatari dei criteri di redazione, da individuarsi in atti di citazione e ricorsi, comparse di risposta, memorie difensive, controricorsi e atti di intervento.
Al fine di assicurare chiarezza e sinteticità degli atti processuali civili, tra le novità da inserire nel atto redatto vi sono: l’indicazione di massimo 20 parole chiave che individuano l’oggetto del giudizio, l’inserimento del collegamento ipertestuale agli allegati citati nella parte in fatto dell’atto, i limiti dimensionali di 80 mila caratteri (corrispondenti circa a 40 pagine) per gli atti introduttivi e le comparse conclusionali, di 50 mila caratteri (e, quindi, pari a circa 36 pagine) per le memorie le repliche e gli altri atti del giudizio, ed infine 10 mila caratteri (circa 5 pagine) per le note scritte in sostituzione dell’udienza anche i provvedimenti del Giudice devono essere redatti in una forma chiara e più concisa possibile, compatibilmente con la complessità della materia e con l’indicazione di capi separati e numerati.
Tuttavia, sono previste delle deroghe al Decreto in parola, soprattutto nei casi in cui la controversia sia di particolare complessità, per cui è consentito superare detti limiti, avendo cura di indicare, con una esposizione sintetica nell’atto, le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento di tali limiti. Diversamente, la mancata osservanza delle forme, dei limiti di redazione e dello schema informatico, senza comportare l’invalidità dell’atto, potrebbe essere valutata dal Giudice ai fini della decisione circa le spese del processo, così come disposto dall’art. 46, comma 4, delle disp. att. c.p.c.