In questo numero:

  • Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze (D.D.L. 14/2016)
  • Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (D.L. 59/2016)

Editoriale

REGOLAMENTAZIONE DELLE UNIONI CIVILI TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO E DISCIPLINA DELLE CONVIVENZE (D.D.L. 14/2016)

Con il DDL n. 14/2016, intitolato: “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, viene introdotta nel nostro ordinamento l’unione civile tra omosessuali e vengono regolamentate le convivenze al di fuori del regime matrimoniale.

Il testo della Legge c.d. “Cirinnà” che l’11 maggio ha ottenuto il sì definitivo alla Camera, nella prima parte regolamenta l’unione civile tra persone dello stesso sesso, qualificate come “specifiche formazioni sociali”, che potranno usufruire di un nuovo istituto giuridico di diritto pubblico denominato “unione civile”.

La seconda parte della legge disciplina la convivenza fra due persone, sia etero sessuali che omosessuali, non sposate. Rispetto al testo originario del disegno di legge “Cirinnà”, fra i numerosi aspetti stralciati, due sono le modifiche essenziali apportate alla Legge:

  1. viene cancellato l’obbligo di fedeltà fra i diritti e doveri reciproci delle parti dell’unione civile;
  2. viene eliminata la c.d. “stepchild adoption”, ovvero la possibilità per uno dei due partner dell’unione civile di adottare il figlio biologico dell’altro partner; lasciando alla magistratura il compito di pronunciarsi caso per caso sul tema dell’adozione per le coppie omosessuali.

Di fatto quindi d’ora innanzi due persone maggiorenni dello stesso sesso potranno costituire una unione civile mediante una dichiarazione di fronte all’Ufficiale di Stato Civile, alla presenza di due testimoni.

L’Ufficiale di Stato Civile provvederà alla registrazione degli atti di unione civile tra persone dello stesso sesso, nell’archivio di stato civile.

Comporta la nullità dell’unione civile:

  1. a) la sussistenza, per una della parti, di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile tra persone dello stesso sesso;
  2. b) l’interdizione di una delle parti per infermità di mente;
  3. c) la sussistenza di rapporti di parentela fra le parti;
  4. d) la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte.

Mediante dichiarazione all’Ufficiale di Stato Civile le parti possono stabilire di assumere un cognome comune.

Dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco di assistenza morale e materiale e alla coabitazione e salva diversa convenzione, il regime patrimoniale è costituito dalla comunione dei beni.

Fra le diverse cause di scioglimento dell’unione civile (quale ad es. la morte del partner) vi è anche ilo caso in cui le parti manifestano, pure disgiuntamente, la volontà di scioglimento innanzi all’Ufficiale di Stato Civile ovvero è stata emessa una sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso del partner.

Si intendono invece per “conviventi di fatto” due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e con l’impegno di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali.

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni, e comunque non oltre i cinque anni.

Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune di residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

Al convivente di fatto, che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente, spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare.

Il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno quando il partner sia dichiarato interdetto o inabilitato.

In caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell’individuazione del danno risarcibile, alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza, redatto in forma scritta, con atto pubblico o scrittura privata, con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestino la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico. Il professionista entro i successivi dieci giorni, deve provvedere a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe.

Il contratto può contenere:

  1. a) l’indicazione della residenza;
  2. b) le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune;
  3. c) il regime patrimoniale della comunione dei beni (che potrà essere modificato in qualunque momento della convivenza.

Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione e si risolve per:

  1. a) accordo delle parti;
  2. b) recesso unilaterale (con dichiarazione da notificare all’altro contraente);
  3. c) matrimonio o unione civile tra conviventi o tra un convivente ed altra persona (con notifica all’altro contraente ed al professionista che ha ricevuto od autenticato il contratto di convivenza, l’estratto di matrimonio o di unione civile);
  4. d) morte di uno dei contraenti.

In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti qualora versi in stato di bisogno o non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.

DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI PROCEDURE ESECUTIVE E CONCORSUALI, NONCHÉ A FAVORE DEGLI INVESTITORI IN BANCHE IN LIQUIDAZIONE (D.L. 59/2016)

Il 3 maggio 2016, sulla Gazzetta Ufficiale, n. 102, è stato pubblicato il decreto legge n. 59/2016, varato dal Governo in data 29 aprile 2016, contenente una serie di misure a sostegno delle imprese, in favore degli investitori in banche in liquidazione, nonché alcune misure di accelerazione dei tempi di recupero dei crediti nelle procedure esecutive e concorsuali. Finalità principale del Decreto è quella di coniugare l’esigenza del finanziamento delle imprese con l’esigenza di tutelare i creditori. Segue una breve disamina delle principali novità.

1.Il pegno mobiliare non possessorio

La prima novità introdotta dal Decreto è rappresentata dall’introduzione del nuovo istituto del “pegno non possessorio”, che può essere costituito (esclusivamente) dagli imprenditori iscritti nel registro delle imprese, per garantire i crediti loro concessi, presenti e futuri, inerenti all’esercizio dell’impresa.

Peculiarità essenziale di questa nuova forma di garanzia per la riscossione del credito consiste nel fatto che gli imprenditori, che con un contratto costituiscono tale forma di pegno, non subiscono lo spossessamento del bene.

Più specificamente, a norma dell’art. 1 del Decreto, il pegno non possessorio, può essere costituito su beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa, ad esclusione dei beni mobili registrati. I beni mobili oggetto di pegno non possessorio possono essere esistenti o futuri, determinati o determinabili, anche con riferimento ad una o più categorie merceologiche o ad un valore complessivo.

Il contratto costitutivo, a pena di nullità, deve risultare da atto scritto, il quale dovrà indicare:

  1. a) il creditore;
  2. b) il debitore;
  3. c) l’eventuale terzo concedente il pegno;
  4. d) la descrizione del bene dato in garanzia e del credito garantito;
  5. e) l’indicazione dell’importo massimo garantito.

Il pegno non possessorio si costituisce esclusivamente con l’iscrizione in un registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate e denominato “registro dei pegni non possessori”; dalla data di iscrizione il pegno prende grado e diviene opponibile ai terzi e nelle procedure concorsuali. L’iscrizione ha una durata di dieci anni, ed è rinnovabile prima della scadenza del decimo anno.

L’indubbio vantaggio per le imprese che costituiscono il pegno non possessorio deriva dalla circostanza che il nuovo istituto non comporta la perdita, per l’impresa, del possesso del bene strumentale concesso in pegno.

Per i creditori, invece, i vantaggi conseguenti all’introduzione del pegno non possessorio, derivano dalle diverse possibilità di escussione del pegno.

Infatti, a norma dell’art. 1, comma 7 del Decreto in commento, al verificarsi di un evento che determina l’escussione del pegno, il creditore ha facoltà di procedere, previo avviso scritto al datore della garanzia, e agli eventuali titolari di un pegno non possessorio trascritto successivamente, con varie modalità. Infatti:

  1. a) può procedere alla vendita dei beni oggetto del pegno, trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del credito fino a concorrenza della somma garantita e con l’obbligo di informare immediatamente per iscritto il datore della garanzia dell’importo ricavato e di restituire contestualmente l’eccedenza. La vendita deve, inoltre, essere effettuata dal creditore, tramite procedure competitive e sulla base di una stima effettuata da soggetti specializzati;
  2. b) può procedere all’escussione dei crediti oggetto di pegno fino a concorrenza della somma garantita;
  3. c) può, ove previsto nel contratto di pegno e iscritto nel registro delle imprese, procedere alla locazione del bene oggetto del pegno imputando i canoni a soddisfacimento del proprio credito fino a concorrenza della somma garantita. Condizione di tale procedura è che il contratto preveda i criteri e le modalità di valutazione del corrispettivo della locazione. In tal caso il creditore pignoratizio comunica immediatamente per iscritto il datore della garanzia stessa;
  4. d) può procedere all’appropriazione dei beni oggetto del pegno fino a concorrenza della somma garantita, sempreché sia previsto nel contratto di pegno e iscritto nel registro delle imprese e a condizione che il contratto preveda anticipatamente i criteri e le modalità di valutazione del valore del bene oggetto di pegno e dell’obbligazione garantita.

Il creditore pignoratizio comunica immediatamente per iscritto al datore della garanzia il valore attribuito al bene ai fini dell’appropriazione.

Il debitore, entro tre mesi dalla comunicazione cui il creditore pignoratizio è tenuto nei casi a), c) e d), può agire in giudizio per il risarcimento del danno, in caso la vendita sia avvenuta in violazione dei criteri e delle modalità stabilite dal Decreto, e se il prezzo della vendita, il corrispettivo della locazione, ovvero il valore comunicato attribuito al bene, non corrispondano ai valori correnti di mercato.

  1. Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato

L’art. 2 del decreto n. 59/16 ha altresì introdotto una nuova disposizione al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, l’art. 48-bis. Questa norma disciplina il nuovo istituto del finanziamento garantito dal trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato.

Come stabilito dal Decreto, il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico, può essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore o di una società dallo stesso controllata o al medesimo collegata e autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell’imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore. Il trasferimento non può essere convenuto in relazione ad immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.

Il summenzionato patto può essere stipulato al momento della conclusione del contratto di finanziamento o, anche per i contratti già in corso al momento dell’entrata in vigore del Decreto, per atto notarile, in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali.

Il Decreto specifica che si ha inadempimento a) quando il mancato pagamento si protragga per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili; b) quando il mancato pagamento si protragga per oltre sei mesi dalla scadenza anche di una sola rata, nel caso il debitore sia tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori al periodo mensile; c) quando il mancato pagamento si protragga per oltre sei mesi dalla scadenza del rimborso, in caso non sia prevista la restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale.

Al verificarsi dell’inadempimento del debitore, il creditore è tenuto, inoltre, a notificare al debitore o al titolare del diritto reale immobiliare concesso in garanzia, oltre che a coloro che vantano, rispetto al medesimo bene immobile, diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull’immobile successivamente alla trascrizione del patto di trasferimento, la volontà di avvalersi del patto stesso.

Decorsi sessanta giorni da tale notificazione, il creditore chiede al presidente del tribunale del luogo nel quale si trova l’immobile, la nomina di un perito per la stima del medesimo immobile e tale stima andrà comunicata sia al debitore che al creditore.

La condizione sospensiva cui è subordinato il trasferimento, si considera avverata dal momento in cui la stima del valore del bene viene comunicata al creditore, o quando, nel caso in cui il valore stimato del bene sia superiore all’importo del debito inadempiuto, il creditore provvede a versare al debitore tale differenza.

Può darsi avvio al trasferimento siffatto, anche qualora il diritto reale immobiliare già oggetto del patto, sia sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione. In tale ultimo caso, sarà il giudice dell’esecuzione che provvederà all’accertamento dell’inadempimento, con ordinanza, nella quale fisserà il termine entro il quale il creditore dovrà versare una somma non inferiore alle spese di esecuzione e, ove vi siano, ai crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello dell’istante ovvero pari all’eventuale differenza tra il valore di stima del bene e l’ammontare del debito inadempiuto.

Per la distribuzione della somma ricavata, il Decreto rinvia alle disposizioni contenute nel libro terzo, titolo II, capo IV del codice di procedura civile.

  1. Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi

L’art. 3 del Decreto prevede l’istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi.

Il registro si compone di una sezione ad accesso pubblico e gratuito e di una sezione ad accesso limitato.

Nella prima saranno rese disponibili delle informazioni di base relative alle suddette procedure, che saranno specificamente individuate da un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle finanze, che andrà adottato entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del Decreto.

Nella sezione ad accesso limitato, invece, saranno rese disponibili informazioni (pur sempre individuate con decreto ministeriale) alla sola Banca d’Italia, che dovrà utilizzare i dati nello svolgimento delle sue funzioni di vigilanza.

  1. Brevi cenni sulle altre modifiche apportate dal Decreto

Il Decreto ha apportato, inoltre, delle modifiche anche alla Legge Fallimentare, nonché modifiche in materia di espropriazione forzata.

In ambito di espropriazione forzata, le modifiche apportate al codice di procedura civile sono dirette a ridurre i tempi di recupero dei crediti in sede giudiziale; le modifiche apportate alla legge fallimentare, invece, hanno il fine di rendere più celeri le procedure concorsuali.

A titolo di esempio, si prendano, rispettivamente, le seguenti modifiche:

  1. a) all’art. 490, terzo comma, c.p.c., è aggiunto il seguente periodo: “il pignoramento deve contenere l’avvertimento che, a norma dell’articolo 615, secondo comma, terzo periodo, l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”;
  2. b) all’art. 40, dopo il quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è aggiunto il seguente: “il comitato dei creditori si considera costituito con l’accettazione, anche per via telematica, della nomina da parte dei suoi componenti, senza necessità di convocazione dinanzi al curatore ed anche prima della elezione del suo presidente”.

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