I poteri di autotutela della Pubblica Amministrazione in tema di annullamento, revoca, convalida e norme di salvaguardia

Tra i poteri di autotutela (la c.d. autotutela decisoria, che si configura allorché l’Amministrazione eserciti discrezionalmente un potere di rimozione di provvedimenti precedentemente adottati) di cui dispone la P.A. vi rientrano l’annullamento, la revoca, la convalida, ovvero le c.d. norme di salvaguardia.

L’annullamento in autotutela, anche detto annullamento d’ufficio, è disciplinato dall’art. 21- nonies della Legge n. 241/1990 (Annullamento d’ufficio) che così dispone “1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21 octies (Annullabilità del provvedimento), esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20 (Silenzio assenso), e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. 2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. 2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.

Il primo elemento fondamentale per l’applicazione dell’annullamento d’ufficio è la sussistenza di un vizio di legittimità (di cui all’art. 21 – octies sopra citato) che rende, quindi, illegittimo il provvedimento di primo grado emesso dall’Amministrazione. Al contempo il suddetto elemento non è di per sé sufficiente per poter procedere all’annullamento in autotutela, essendo necessario l’ulteriore requisito dell’interesse pubblico che deve essere concreto e attuale.

L’annullamento d’ufficio è un potere a connotazione discrezionale della P.A. la quale, tuttavia, in virtù del disposto dell’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990, deve esercitarlo entro un termine ragionevole, da intendersi come il momento in cui l’Amministrazione è venuta concretamente a conoscenza dei profili illegittimi dell’atto.

La P.A. può dare luogo alla revoca (ai sensi dell’art. 21-quinquies della Legge n. 241/1990 – Revoca del provvedimento), invece, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, sempre in presenza del presupposto primario del pubblico interesse. A differenza dell’annullamento dell’atto amministrativo, che ha come presupposto dei vizi di legittimità (violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza), la revoca può intervenire su atti divenuti inopportuni rispetto alla tutela dell’interesse pubblico che quell’atto amministrativo deve perseguire, oppure rivalutati come inopportuni a seguito di una successiva considerazione dei vari interessi coinvolti dall’atto stesso.

La convalida costituisce, invece, un nuovo provvedimento con cui la P.A. interviene su un provvedimento amministrativo viziato che può essere emendato dai vizi che hanno determinato l’illegittimità e dunque l’annullabilità (principalmente per vizi afferenti all’incompetenza o alla forma).

Infine, le norme di salvaguardia riservano le facoltà dell’Amministrazione di procedere, in qualsiasi momento, all’annullamento, alla revoca degli atti che reputa possano essere viziati e, dunque, pregiudicare il buon andamento dell’azione amministrazione.