Newsletter Studio Adotti – Luglio 2023

1. LA NUOVA DISCIPLINA DEL WHISTLEBLOWING NEL D.LGS. n. 24/2023

2. INTELLIGENZA ARTIFICIALE: APPROVATA LA BOZZA DEL REGOLAMENTO CHE NE DISCIPLINA L’UTILIZZO A LIVELLO GLOBALE

3. CUMULO DELLA DOMANDA DI SEPARAZIONE E DIVORZIO? IL TRIBUNALE DI FERRARA DICE NO


1) LA NUOVA DISCIPLINA DEL WHISTLEBLOWING NEL D.LGS. n. 24/2023

Per Whistleblower (o informatore) si intende la persona che segnala, divulga ovvero denuncia violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione Europea, ovvero illeciti di varia natura che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’Amministrazione Pubblica o dell’Ente privato, di cui è venuta a conoscenza nell’ambito della propria attività lavorativa. In tema di Whistleblowing, il nostro Paese aveva già previsto alcune norme, tra le altre, nel D.lgs. 20 marzo 2001 n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche), art. 54 bis e nel D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), art. 6. commi 2 bis e ss., nonché nella Legge 30 novembre 2017, n. 179 (Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato). Ora, il Decreto legislativo n. 24/2023 (pubblicato in G.U. n. 63 del 15.03.2023) – a recepimento della Direttiva europea n. 2019/1937 “del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”, a valle della relativa Legge di Delegazione Europea – che introduce la nuova disciplina del Whistleblowing in Italia, entrato in vigore lo scorso 30 marzo, stabilisce una disciplina organica volta a riconoscere una maggior tutela ai segnalanti mediante l’istituzione di apposite modalità e canali di segnalazione interni ed esterni nonché attraverso la predisposizione di diverse garanzie contro eventuali atti ritorsivi (e non solo) derivanti dalla segnalazione effettuata che possono provocare alla persona segnalante, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto. Il Decreto approvato prevede, dunque, una tutela per il whistleblower, senza alcuna differenziazione tra settore pubblico e settore privato, introducendo così, un vero e proprio diritto alla segnalazione. Le persone segnalanti beneficiano di protezione a condizione che abbiano avuto fondati motivi di ritenere che le informazioni segnalate fossero vere al momento della segnalazione e che tali informazioni rientrassero nell’ambito di applicazione del Decreto. Con il Decreto legislativo n. 24/2023 si abrogano le disposizioni sopra richiamate, raccogliendo in un unico testo normativo la disciplina relativa alla tutela delle persone segnalanti. Le nuove disposizioni avranno effetto a partire dal 15 luglio 2023, con una deroga per le società del settore privato (da 50 a 249 dipendenti), per le quali l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna decorrerà dal prossimo 17 dicembre.


2) INTELLIGENZA ARTIFICIALE: APPROVATA LA BOZZA DEL REGOLAMENTO CHE NE DISCIPLINA L’UTILIZZO A LIVELLO GLOBALE

Il 14 giugno 2023, il Parlamento Europeo ha approvato l’A.I. Act, ossia la bozza della proposta del primo Regolamento europeo dedicato all’Intelligenza Artificiale. Il testo contiene le nuove regole che disciplinano l’attività dei software di Intelligenza Artificiale (I.A.), obbligando gli operatori al rispetto dei diritti e dei valori fondamentali dell’Unione Europea. L’obiettivo principale è quello di assicurare che i cittadini europei possano beneficiare di nuove tecnologie sviluppate e operanti in conformità ai valori, ai diritti fondamentali e ai principi dell’Unione, oltre a quello di regolamentare l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e combattere la discriminazione digitale, prevenendo la disinformazione e limitando l’utilizzo di deepfake ossia una tecnica basata su machine learning che permette di manipolare immagini al computer, spesso impiegata nella creazione di fake news. In tal senso, i sistemi di I.A. generativa devono rispettare i requisiti di trasparenza e pertanto, sono tenuti a pubblicare una dichiarazione nella quale si afferma che i contenuti sono stati generati dall’Intelligenza Artificiale. Non solo, il nuovo Regolamento stabilisce altresì i livelli di rischio associati all’impatto dei diversi sistemi di Intelligenza Artificiale sulla vita delle persone e sui loro diritti fondamentali, dal lavoro alla salute fino alla loro sicurezza. Infatti, tali sistemi sono vietati quando costituiscono una minaccia per le persone. In tale ottica, il Regolamento proibisce l’uso di sistemi di identificazione biometrica remota in tempo reale e a posteriori nelle aree pubbliche e i software di categorizzazione biometrica basati su caratteristiche sensibili (quali genere, razza, etnia, cittadinanza, religione e credo politico). Vengono vietati anche i sistemi di polizia predittiva, fondati su profilazione, ubicazione o comportamenti criminali passati e di riconoscimento delle emozioni. Dunque, la priorità per il Parlamento Europeo appare quella di far sì che i sistemi di Intelligenza Artificiale utilizzati negli Stati dell’Unione Europea siano sicuri, trasparenti, tracciabili, non discriminatori, sostenendo, in pari tempo, l’innovazione e migliorando il funzionamento del mercato interno. Con l’approvazione del Parlamento Europeo, si aprono dunque i negoziati per il testo definitivo con il Consiglio dell’Unione Europea. Non ci resta che attendere la fine del 2023 per la pubblicazione della versione definitiva dell’A.I. Act.


3) CUMULO DELLA DOMANDA DI SEPARAZIONE E DIVORZIO? IL TRIBUNALE DI FERRARA DICE NO

Con la Sentenza in commento (n. 406 del 31 maggio 2023), il Tribunale di Ferrara non ammette il cumulo della domanda di separazione e divorzio. La domanda congiunta è pertanto improponibile e tra le argomentazioni fornite dalla Sentenza vi sono ragioni di tutela del principio dell’indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale e di economia processuale. Nel provvedimento si richiama espressamente il consolidato principio per cui gli accordi con cui i coniugi – in sede di separazione – fissano il regime giuridico patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio, sarebbero invalidi per illiceità della causa, in quanto stipulati in violazione del principio di cui all’art. 160 c.c. (Diritti inderogabili). Trattasi, infatti, di diritti (come quello alla rinuncia al mantenimento del coniuge più debole) di cui può disporsi solo nel momento in cui possono essere fatti valere e non in via preventiva. Ne consegue, pertanto, che di tali accordi non può tenersi conto ai fini della determinazione dell’assegno divorzile in quanto, diversamente, una preventiva pattuizione potrebbe influenzare il consenso al successivo divorzio. Inoltre, l’eventuale cumulo delle domande, ragionando in ottica di economia processuale, comporterebbe un allungamento dei tempi di definizione dell’unitario procedimento di separazione e divorzio, non potendo non tener conto del passaggio in giudicato della sentenza di separazione, del decorso del termine di almeno sei mesi dalla prima udienza di comparizione e della fissazione di una nuova udienza per la verifica della mancata riconciliazione nel periodo suddetto e per la riconferma delle condizioni. Tale questione, dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni per effetto della L. n. 206 del 26 Novembre 2021 in materia di procedimenti di famiglia (soprattutto per quanto riguarda le separazioni coniugali, l’ affidamento dei figli, le sanzioni per i genitori inadempienti e la negoziazione assistita), è stata oggetto di ulteriore dibattito circa i criteri di interpretazione. Il Legislatore, nell’intento di evitare sovrapposizioni di giudizi e decisioni contrastanti dovute alla contestuale pendenza dei giudizi di separazione e divorzio, ha previsto, all’art. 473 bis 49 c.p.c. (cfr. Cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio), che negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale, le parti possano proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse, ai fini di abbattere i tempi e i costi della giustizia, tenuto conto che le due domande, e la relativa attività istruttoria da compiere, contengono sovente aspetti equivalenti e sovrapponibili. Per il Tribunale di Ferrara, invece, nessun elemento in favore del cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio può essere ricavato dalla relazione illustrativa del D.lgs. n. 149/2022, nella parte dedicata al commento dell’art. 473 bis. 49 c.p.c., ove si è precisato che la domanda di divorzio potrà essere decisa dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione e il decorso di un anno (e non anche di sei mesi che è la tempistica del procedimento consensuale) dalla comparizione delle parti di fronte al giudice della separazione. Tuttavia, di diversa opinione è il Tribunale di Milano che, con la recente Sentenza n. 3542/2023, ha invece riconosciuto, in un caso simile, l’ammissibilità della domanda simultanea. Sul tema, seguito da alcuni Tribunali di merito (Vercelli, Genova e Lamezia Terme) e da una parte della dottrina, i Giudici milanesi hanno ritenuto che la disciplina contenuta all’interno del 473 bis. 49 c.p.c. è applicabile anche nel caso in cui il procedimento si instauri su domanda congiunta delle parti. In definitiva, nell’attuale panorama di incertezza dovuto dall’interpretazione della norma, la giurisprudenza appare non essersi ancora pronunciata in modo sufficientemente cristallizzato, ragion per cui non appare essersi formato un definitivo orientamento sull’eventuale cumulo di domande in casi simili, rispetto a quello oggetto della decisione in commento.

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