In questo numero:
- Nuovo progetto di legge in materia di procedure concorsuali: la riforma organica della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
- Il rating di legalità.
Editoriale
NUOVO PROGETTO DI LEGGE IN MATERIA DI PROCEDURE CONCORSUALI: LA RIFORMA ORGANICA DELLA DISCIPLINA DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA.
Lo schema di disegno di legge delega “per la riforma organica della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, elaborato dalla Commissione istituita con decreto del Ministro della Giustizia in data 28 gennaio 2015 ed approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2016, prospetta la futura emanazione di un testo normativo che abroghi la vigente legge fallimentare e le leggi successive in tema di crisi dell’impresa, per disciplinare in modo coerente ed unitario il fenomeno dell’insolvenza.
L’intervento riformatore – allineandosi alla Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014, “Un nuovo approccio al fallimento d’impresa e all’insolvenza”(in cui la Commissione ha voluto raccomandare agli Stati Membri dell’UE un approccio che favorisca la ristrutturazione delle imprese in crisi a salvaguardia degli assetti aziendali e con la tutela dei posti di lavoro, senza penalizzare il debitore) – in particolare, si articola nei seguenti punti:
1) ridefinizione di alcuni principi generali in materia di procedure concorsuali, mediante:
- a) la sostituzione del termine “fallimento”, avente un’accezione negativa e di discredito, con sinonimi quali “insolvenza” o “liquidazione giudiziale”, proprio ad indicare come l’insolvenza rappresenti un’evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un’impresa, nonostante vada prevenuta e regolata; sostituzione terminologica che, ove attuata, oltre che rivelarsi, secondo chi scrive, priva di alcuna utilità sul piano sostanziale, risulterebbe addirittura collidente – nel caso specifico in cui si decida di adottare il termine “liquidazione giudiziale” – con lo spirito della riforma, volto a favorire l’attivazione di meccanismi stragiudiziali di risoluzione della crisi aziendale;
- b) l’introduzione di una definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza e distinta dalla nozione d’ insolvenza di cui al R.D. n.267/1942;
- c) la previsione dell’adozione di un modello unico processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, caratterizzato dalla particolare celerità e dalla legittimazione ad agire anche di soggetti con funzioni di controllo sull’impresa;
- d) l’introduzione della figura del giudice specializzato nelle procedure concorsuali, optando per la concentrazione delle procedure di maggiori dimensioni presso i tribunali delle imprese e per l’attribuzione ai tribunali ordinari – secondo i normali criteri di competenza – delle procedure di sovraindebitamento;
- e) l’assoggettamento al procedimento di accertamento dello stato di crisi ed insolvenza di ogni categoria di debitore, sia persona fisica o giuridica, professionista, imprenditore commerciale o artigiano;
- f) la ridefinizione dell’istituto dell’accordo di ristrutturazione, quale strumento, proprio della fase stragiudiziale, volto al superamento dello stato di crisi ed al perseguimento dell’obiettivo di continuità aziendale. Nello specifico, si è ipotizzato di eliminare o, quantomeno, ridurre il rigido meccanismo secondo cui un accordo possa considerarsi raggiunto con i creditori solo se gli stessi rappresentino almeno il 60% dei crediti (sempre che, tuttavia, sia attestata l’idoneità dell’accordo medesimo alla soddisfazione integrale e tempestiva dei creditori estranei alla trattativa) e di estendere gli effetti dell’accordo anche ai creditori non aderenti, qualora lo stesso sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 75% dei crediti; estensione che, invero – a parere di chi scrive – ove attuata, potrebbe addirittura rendere più difficoltoso il raggiungimento dell’accordo in questione.
- g) la riduzione della durata e dei costi inerenti la procedura concorsuale, compresi i compensi dei professionisti per limitare le spese prededucibili;
- h) l’istituzione presso il Ministero della Giustizia di un albo di soggetti destinati a svolgere funzioni di gestione o controllo nell’ambito delle procedure concorsuali.
2) Istituzione di apposite procedure di “allerta” di carattere confidenziale e stragiudiziale volte ad anticipare l’emersione della crisi mediante una rapida analisi delle cause del malessere economico finanziario dell’impresa e, successivamente, mirate a supportare i negoziati in vista del raggiungimento dell’accordo con i creditori, o con alcuni di essi. Al fine di consentire agli imprenditori di avvalersi tempestivamente di tali procedure dal carattere confidenziale e stragiudiziale, si prevede l’elaborazione di un sistema di incentivi per chi vi ricorra e di disincentivi per chi non vi ricorra.
3) Circoscrizione dell’ambito applicativo del concordato preventivo alla sola ipotesi del concordato in continuità, attualmente disciplinato dall’art.186 bis della legge fallimentare. Si ribadisce, infatti, come l’applicazione dell’istituto concordatario trovi una sua giustificazione, non quando lo stesso persegua gli scopi tipici del fallimento (o meglio della “liquidazione giudiziaria”) bensì quando lo stesso favorisca la continuità aziendale e una migliore soddisfazione dei creditori sociali.
IL RATING DI LEGALITA’
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 15.12.2014 n. 290 il Provvedimento del 4 dicembre 2014 dell’Autorità Antitrust che modifica il Regolamento attuativo sul rating di legalità, adottato con delibera del 14 novembre 2012 n. 24075.
Il rating di legalità è un nuovo strumento per le imprese italiane, volto alla promozione ed all’introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale. In particolare si tratta del sistema in base al quale le imprese, su base volontaria, possono chiedere l’attribuzione di un punteggio (rating), da una a tre stellette, che attesti il loro rispetto della legalità e renda possibile l’accesso in via preferenziale ai finanziamenti pubblici e punteggi aggiuntivi nelle gare d’appalto.
Requisiti delle imprese:
Per poter richiedere l’attribuzione del rating le imprese :
- devono avere la sede operativa in Italia;
- un fatturato minimo di due milioni di euro nell’ultimo esercizio chiuso nell’anno precedente alla richiesta di rating;
- essere iscritte nel registro delle imprese da almeno due anni.
Le imprese devono altresì dichiarare che:
- nei confronti del proprio titolare e del direttore tecnico (se impresa individuale) o nei confronti dei propri amministratori, del direttore generale, del direttore tecnico, del rappresentante legale nonché dei soci persone fisiche titolari di partecipazione di maggioranza, anche relativa (se impresa collettiva), non sono state adottate misure di prevenzione personale e/o patrimoniale e misure cautelari personali e/o patrimoniali e non è stata pronunciata nessuna sentenza di condanna;
- nei propri confronti non è stata pronunciata sentenza di condanna e non sono state adottate misure cautelari per gli illeciti amministrativi dipendenti dai reati di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
- non è stata condannata dall’Autorità e dalla Commissione europea per illeciti antitrust gravi, divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato nel biennio precedente la richiesta di rating, di non essere stata condannata per pratiche commerciali scorrette e di non aver subito accertamenti per il mancato pagamento di imposte e contributi o per il mancato rispetto delle norma sulla sicurezza sul lavoro.
Per poter ottenere il rating è inoltre necessario effettuare pagamenti e transazioni finanziarie con mezzi tracciabili, non aver subito la revoca di finanziamenti pubblici, non essere destinatari di provvedimenti sanzionatori dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
L’adozione di un Modello 231, inoltre, è uno dei requisiti aggiuntivi per l’attribuzione delle stellette ulteriori alla prima.
Durata del Rating
Il rating di legalità ha una durata di due anni ed è rinnovabile su richiesta. In caso di perdita di uno dei requisiti base, necessari per ottenere il punteggio corrispondente ad una «stelletta», l’Autorità Antitrust dispone la revoca del rating. Ove vengano meno i requisiti sulla base dei quali l’impresa ha ottenuto un rating più alto, fino a tre «stellette», l’Antitrust ne riduce il numero.