La Direttiva UE 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 Ottobre 2019 – da recepirsi entro il 17 dicembre 2021 o, al più tardi, in casi particolari, entro il 17 dicembre 2023 – costituisce un’ importante “svolta”, se non altro per la sua vastissima portata al fine di “…rafforzare l’applicazione del diritto e delle politiche dell’Unione in specifici settori stabilendo norme minime comuni volte a garantire un elevato livello di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione” (cfr. Art. 1 della Direttiva).
Tuttavia già ad una prima lettura risalta, più che il completo quadro delle misure tese a garantire la protezione ”dei segnalanti“ (cfr. Capo VI della Direttiva, artt. da 19 a 24), l’ambito di applicazione materiale della Direttiva stessa, di cui all’art. 2.
Infatti le “norme minime comuni di protezione” dei “segnalanti” si estendono a settori che travalicano ampiamente quelli presi in considerazione, per esempio, dalla nostra normativa interna (si pensi al DLGS 231/01 ed al catalogo dei reati – presupposto o alle riforme intervenute nell’ambito del pubblico impiego), mentre la lista degli ambiti presi in considerazione è veramente significativa.
Per alcuni di detti ambiti esistono già delle normative speciali mentre, per altri, il tema della gestione delle “segnalazioni” e della protezione del “segnalante” appare nuovo, comportando altresì la necessità di ulteriori presidi ed elementi procedurali che, mentre possono favorire la cultura della legalità, rischiano però di appesantire ulteriormente il carico “procedimentale” relativo al funzionamento delle imprese.
Fra i predetti ambiti, presi in considerazione dall’Art. 2 della Direttiva (sono qui citati solo alcuni di questi) , possono essere menzionati il settore degli appalti pubblici, quello dei servizi, prodotti e mercati finanziari ( con il delicato tema della prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo), quello della sicurezza e conformità dei prodotti, l’ambito della tutela ambientale, della sicurezza degli alimenti, della salute pubblica, della protezione dei consumatori, della privacy nonché le violazioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e quelle collegate ai settori della concorrenza e degli aiuti di stato nonché, infine, quelle relative alle imposte sulla società, ivi comprese le attività il cui fine è l’ottenimento di un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o la finalità dell’anzidetta normativa.
Anche per quanto riguarda l’ambito di applicazione personale (Cfr Art. 4 della Direttiva), la platea di attori presi in considerazione è assolutamente ampia e tale da ricomprendere soggetti il cui status è ben diverso dalla tipica figura del lavoratore dipendente al quale si riferisce, normalmente, la normativa rilevante.
Infine, lasciando ad ulteriore approfondimenti i sofisticati meccanismi di segnalazione interna ed esterna nonché di divulgazione pubblica delle segnalazioni con il relativo seguito, previsti dalla Direttiva, appare utile precisare, ai sensi dell’Art. 5 della Direttiva stessa, che le “violazioni” prese in considerazione sono costituite da “illeciti” relativi agli atti dell’Unione e ai settori presi in considerazione dal citato art. 2 nonché sono rappresentate da attività od omissioni che “vanificano” l’oggetto o la finalità delle anzidette norme.
Quest’ultima previsione poggia quindi su definizioni che appaiono sfuggenti e di difficile inquadramento e tanto può implicare che la definizione di “violazione” dovrà essere meglio definita nella sede giurisdizionale, con tutte le problematiche inerenti per gli operatori e coloro che saranno chiamati ad applicare la nuova normativa, allorquando sarà trasposta.