In questo numero:

· L’introduzione dei nuovi “ecoreati” e dei nuovi reati societari nel modello organizzativo D.Lgs. n. 231/01

· Il cd. “Divorzio breve” è legge

Editoriale

L’INTRODUZIONE DEI NUOVI “ECOREATI” E DEI NUOVI REATI SOCIETARI NEL MODELLO ORGANIZZATIVO D.LGS. N. 231/01

L’introduzione di nuovi reati in materia ambientale (c.d. “ecoreati”) tra i reati presupposto, sanzionati ai sensi del Decreto n. 231 del 2001, estende in maniera significativa i profili di responsabilità c.d. “amministrativa” a carico degli enti.

Alle nuove sanzioni penali a carico delle persone fisiche ritenute responsabili dei nuovi reati ambientali introdotti, si aggiunge, in via autonoma, anche la sanzione amministrativa a carico dell’ente, qualora sussista un interesse od un vantaggio di quest’ultimo.

Ciò rende necessario un immediato e puntuale aggiornamento dei modelli di organizzazione e gestione per poter ricorrere all’esimente in un’eventuale giudizio in quanto la nuova normativa è entrata in vigore dal 29 maggio del 2015.

La Legge del 22.05.2015 n. 68 (Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente ) ha infatti introdotto all’interno del Libro II del Codice Penale il nuovo Titolo VI-Bis (intitolato “Dei Delitti contro l’ambiente) dedicato alla disciplina delle nuove fattispecie di reati di Inquinamento Ambientale ed ha apportato una importante modifica all’art. 25-undecies (Reati ambientali) del D.Lgs n. 231/2001, ampliando quindi l’elenco dei reati presupposto in materia ambientale .

In particolare, i nuovi reati ambientali introdotti nel D.Lgs. n. 231/01 sono i seguenti: inquinamento ambientale (Art. 452-bis C.P.)[1]; disastro ambientale (Art. 452-quater C.P.)[2]; delitti colposi contro l’ambiente (Art. 452-quinquies C.P.)[3]; traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (Art. 452-sexies C.P.)[4]; inoltre è stata introdotta una circostanza aggravante per i delitti associativi di cui all’art. 452-octies C.P.[5]

Le sanzioni in caso di condanna dell’ente possono arrivare, nel caso di delitti associativi, fino ad un massimo di 1000 quote (circa €. 1.549.000,00), con possibilità di applicazione di tutte le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 del D.Lgs n. 231/01 fino ad un massimo di 1 anno, come previsto dall’art. 25-undecies (comma 1 – bis) del D.Lgs. n. 231/01.

Alla luce delle gravi conseguenze sanzionatorie citate ne consegue, quindi, la necessità per le aziende di compiere una nuova attività di “risk assessment” con riferimento alle nuove fattispecie introdotte, al fine di mappare e determinare un adeguato livello di rischio ed eventualmente dotarsi di nuovi processi aziendali nonché adottare nuovi protocolli mirati per la prevenzione dei reati introdotti che andranno ad affiancarsi a quelli già esistenti in materia ambientale, tenuto conto che il catalogo dei reati ambientali nel modello organizzativo di gestione e controllo era stato oggetto di un aggiornamento già nel 2011.

La legge del 27.05.2015 n. 69 (Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio – in GU – n.124 del 30-5-2015), ha modificato, per quanto interessa in questa sede, l’art. 25-ter del D.Lgs. n. 231/01 in materia di reati societari.

In particolare, l’Art. 9 della Legge citata, ha modificato l’art. 2621 del Codice Civile (False comunicazione sociali) introducendo il nuovo e seguente testo: “Fuori dai casi previsti dall’art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi».

L’art. 12 della Legge ha introdotto “modifiche alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai reati societari” ancorando sostanzialmente i nuovi reati presupposto di false comunicazioni sociali di cui agli articoli 2621 c.c., 2621-bis c.c. (fatti di lieve entità), 2622 c.c. (società quotate in borsa), ad un’applicazione più estensiva a danno dell’ente che, ad una prima disamina testuale, intenderebbe superare i problemi interpretativi sorti con il previgente testo, mediante un’opera di allineamento dell’applicabilità dei nuovi reati al catalogo dei reati di parte speciale del D.Lgs. n. 231/01.

In caso di condanna dell’ente, ora saranno applicate sanzioni pecuniarie più elevate rispetto al reato presupposto precedente: da duecento a quattrocento quote per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621 del codice civile; da cento a duecento quote per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621-bis del codice civile; da quattrocento a seicento quote per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2622 del codice civile.

Anche in questo caso si rende necessario un immediato e puntuale aggiornamento dei modelli di organizzazione e gestione per poter ricorrere all’esimente in un’eventuale giudizio, in quanto la nuova normativa è entrata in vigore dal 14 giugno del 2015.

[1] Art. 452-bis C.P.: “È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”.

[2] Art. 452-quater C.P.:”Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; 2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”.

[3] Art. 452-quinques C.P.:”Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452 bis e 452 quater è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi. Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo”.

[4] Art. 452-sexies C.P.:”Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività. La pena di cui al primo comma è aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l’incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà.”

[5] Art. 452-octies C.P.:”Quando l’associazione di cui all’articolo 416 è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate. Quando l’associazione di cui all’articolo 416 bis è finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dal medesimo articolo 416 bis sono aumentate. Le pene di cui ai commi primo e secondo sono aumentate da un terzo alla metà se dell’associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale”.

IL C.D. “DIVORZIO BREVE” È LEGGE

Dopo un lunghissimo iter parlamentare, il 22 Aprile 2015 è stato approvato definitivamente dalla Camera dei Deputati il disegno di legge sul c.d. ” divorzio breve”.

La riforma, che entrerà in vigore dopo il periodo di vacatio legis dei canonici 15 giorni dalla sua pubblicazione, attesa nei prossimi giorni sulla Gazzetta Ufficiale, prevede due importanti novità in relazione alla disciplina della cessazione degli effetti civili dei matrimonio:

  • le tempistiche: fino ad oggi lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio poteva essere chiesta da uno dei coniugi non prima di 3 anni dalla separazione, oggi, alla luce del nuovo testo dell’art. 3, n. 2), lett. b) della Legge Divorzile, sarà possibile domandare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dopo il decorso di un termine pari a 12 mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale giudiziale, ovvero dopo 6 mesi se la separazione sia avvenuta consensualmente. Il suddetto termine di 6 mesi si applicherà anche nei casi in cui la domanda di separazione personale dei coniugi sia stata introdotta come giudiziale e solo nel corso del giudizio sia divenuta consensuale. E’ appena il caso di sottolineare che il testo del disegno di legge licenziato dalla Camera dei Deputati è molto diverso da quello iniziale, laddove era stata paventata l’idea di un divorzio c.d. immediato (ossia senza il preventivo ricorso all’istituto della separazione) ed era stato previsto un termine differenziato a seconda della presenza o meno di figli (termine raddoppiato nel caso di presenza di figli nati dal matrimonio).
  • Il regime di comunione dei beni tra i coniugi: mentre sotto la vigenza della precedente disciplina lo scioglimento del regime di comunione dei beni tra i coniugi avveniva solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale, attualmente il disegno di legge approvato il 22 aprile 2015 prevede l’introduzione, dopo il primo comma dell’art. 191 c.c., della previsione secondo cui la comunione dei beni si scioglie quando il Giudice autorizza i coniugi a vivere separati o al momento della sottoscrizione del verbale di separazione consensuale successivamente omologato.
  • La disciplina transitoria: la nuova disciplina del divorzio breve sarà applicabile dopo la sua entrata in vigore anche ai procedimenti pendenti.

La nuova disciplina sul c.d. “Divorzio Breve” si affianca al recentissimo D.L. 132/2014, convertito con modifiche in L. 162/2014 con cui sono state introdotte, accanto all’ordinario ricorso al Tribunale, due nuove “opzioni” per i coniugi che intendono separarsi e/o divorziare: la negoziazione assistita da avvocati e la conclusione di un accordo consensuale presso l’Ufficio dello Stato Civile.

L’Italia, con i succitati interventi normativi, resi nell’ottica di facilitare l’iter di definizione di un’esperienza matrimoniale ormai conclusa, si mette al passo con gli altri Paesi Europei e offre una valida alternativa al fenomeno del c.d. “turismo divorzile” secondo cui negli anni scorsi numerose coppie, avvalendosi del Regolamento CE n. 2201/2003 e del Regolamento CE n. 1259/2010, avviavano le pratiche di definizione del matrimonio in Paesi Europei (soprattutto Romania e Spagna) dove le procedure e tempi per divorziare sono (rectius, erano) più brevi di quelli italiani.

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