Editoriale

L’INTRODUZIONE DEL REATO DI AUTORICICLAGGIO NEL MODELLO ORGANIZZATIVO N. 231/01 

L’introduzione del reato di autoriciclaggio tra i reati presupposto sanzionati ai sensi del Decreto n. 231 del 2001, estende i profili di responsabilità c.d. “amministrativa” a carico degli enti.

Alle nuove sanzioni penali a carico delle persone fisiche ritenute responsabili del reato di autoriciclaggio si aggiunge, in via autonoma, anche la sanzione amministrativa a carico dell’ente, qualora sussista un interesse od un vantaggio di quest’ultimo.

Ciò renderebbe necessario un veloce e puntuale aggiornamento dei modelli di organizzazione e gestione per poter ricorrere all’esimente in un’eventuale giudizio  in quanto la nuova normativa è entrata in vigore dal 1 gennaio del 2015.

La Legge del 15.12.2014 n. 186 (Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio ( in GU Serie Generale n.292 del 17-12-2014), contiene, infatti, una serie di disposizioni volte ad incentivare l’emersione ed il rientro dei capitali detenuti all’estero, insieme ad altre misure finalizzate a potenziare la lotta all’evasione fiscale: tra queste si segnala il nuovo reato di autoriciclaggio ex art. 648 ter., 1 c.p.

Dopo aver introdotto il suddetto reato nel Codice penale, il legislatore ha proceduto anche a modificare l’articolo 25 octies del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, includendo la nuova fattispecie tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa “da reato” degli enti.

Ne consegue, quindi, la possibilità di sanzionare gli enti i cui dipendenti (soggetti apicali e non), dopo aver commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impieghino, sostituiscano, trasferiscano, in attività, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione del precedente delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa.

Dal punto di vista sanzionatorio, dunque, alle nuove sanzioni penali a carico delle persone fisiche ritenute responsabili del reato di autoriciclaggio di cui all’art. 648 ter.1, c.p.[1], si accompagna, in via autonoma, anche la sanzione amministrativa a carico dell’ente, qualora sussista un interesse o vantaggio di quest’ultimo.

Le sanzioni in caso di condanna dell’ente, sono l’interdizione dallo svolgimento dell’attività (per un periodo non superiore a due anni) e la sanzione pecuniaria (da 200 a 800 quote o, per i casi più gravi in cui per il delitto presupposto è prevista la pena della reclusione superiore nel massimo a 5 anni, da 400 a 1000 quote).

Si deve anche tener presente che la normativa europea in materia di antiriciclaggio nonché il  d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 – in specie rivolta a banche ed assicurazioni – e le best practices ad oggi sviluppate in merito, rappresentano i parametri di base il cui rispetto costituisce elemento fondamentale di ogni giudizio d’ idoneità dei modelli in sede giudiziale.


[1] Il nuovo art. 648-ter.1 c.p. prevede: “Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l´identificazione della loro provenienza delittuosa.

Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all´articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.

La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell´esercizio di un´attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.

La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l´individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto. 

Si applica l´ultimo comma dell´articolo 648”.

decreto legge 34/2014 Jobs act, le principali novità  

Venerdì 20 febbraio 2015 il Consiglio dei ministri ha approvato i primi 2 decreti attuativi del Jobs Act, che introducono il contratto e tempo indeterminato a tutele crescenti e nuovi ammortizzatori sociali,  a partire da marzo 2015, quindi, le aziende potranno assumere con i nuovi contratti a tempo indeterminato.

Le principali novità sono le seguenti:

1) CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI:

Tutti i nuovi dipendenti di un’azienda saranno assunti con un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti,  tutele che cresceranno in relazione all’anzianità di servizio. L’obiettivo della riforma è far diventare questo contratto  la nuova forma di assunzione andando così ad eliminare i vecchi contratti atipici. Le imprese dovrebbero essere stimolate a sceglierlo grazie agli sgravi fiscali sul costo del lavoro previsti per i primi tre anni dall’assunzione.

Per i nuovi assunti non troverà applicazione l’art. 18, quindi il lavoratore non avrà diritto al reintegro in caso di licenziamento ingiustificato (a meno che non sia discriminatorio od uno dei rari casi di licenziamento disciplinare). Al posto della reintegrazione il lavoratore avrà diritto ad un indennizzo che cresce con il crescere dell’anzianità di servizio, e quindi sottratta alla discrezionalità del giudice. La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità lavorativa, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi.

Per evitare il  giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata,  in tal caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva e pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di 18,  con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.

Per i licenziamenti collettivi: la riforma stabilisce che in caso di violazione delle procedura (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per i licenziamenti individuali.

Piccole imprese: in questo caso la reintegra rimane solo per i casi di licenziamenti nulli, discriminatori ed intimati oralmente,  negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di due ed un massimo di sei mensilità.

Tutta la normativa prevista per il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti sarà applicata per le nuove assunzioni dal 2015, per i “vecchi” contratti a tempo indeterminato continuerà a valere il vecchio articolo 18.

 

2) RIFORMA DELL’ASPI (ORA NASPI):

Entrerà in vigore dal primo maggio 2015, ne avranno diritto i dipendenti privati, a tempo indeterminato ed a termine, e quelli pubblici assunti a termine. Sarà erogata mensilmente dall’Inps, con un massimo di 1.300,00 € al mese per un massimo di 18 mesi e potrà anche essere incassata una volta sola se finalizzata all’auto-impiego. Al termine della Naspi, in alcuni casi (minori a carico od età vicina alla pensione) si avrà anche diritto all’Asdi, di durata semestrale e pari al 75% della Naspi.

 

3) RIFORMA DELLA CIG:

Non si potrà più autorizzare la CIG in caso di cessazione definitiva di attività aziendale. Ci saranno nuovi limiti di durata sia per la cassa integrazione ordinaria (che ora è di 2 anni) sia per quella straordinaria (che ora è di 4 anni). L’obiettivo è quello di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori con tutele uniformi e legate alla storia contributiva del lavoratore.

 

4) CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO:

il nuovo contratto a termine non richiederà più alcuna ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichi l’apposizione del termine. E’ stato quindi modificato il precedente art. 1 del DLgs 368/01 che richiedeva una specifica e puntuale indicazione della causale afferente al contratto a termine. Ora sarà sufficiente la forma scritta per rendere il contratto a termine lecito. Il nuovo contratto a termine acausale  potrà essere stipulato per un periodo non superiore a 36 mesi, fissando il limite massimo del 20% delle risorse per l’utilizzo dell’istituto.

Viene inoltre prevista la possibilità di prorogare anche più volte (fino a 5) il contratto a tempo determinato entro il limite dei tre anni.

5) CONTRATTO DI APPRENDISTATO:

Viene ulteriormente semplificato il ricorso al contratto di apprendistato. La retribuzione dell’apprendista, per la parte riferita alle ore di formazione, viene quantificata nel 35% della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento. Le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi ed al calendario delle attività previste, vengono comunicate dalla Regione al datore di lavoro entro 45 giorni dalla comunicazione del’instaurazione del rapporto di lavoro. L’obbligo di stabilizzazione viene limitato ai datori di lavoro con almeno 50 dipendenti. Le condizioni alle quali è subordinata l’assunzione di nuovi apprendisti (ovvero la prosecuzione del rapporto di lavoro al termine dell’apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di una determinata percentuale degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro), si applicano solo ai datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti. Viene inoltre fissata al 20 per cento la percentuale di “stabilizzazione” di precedenti apprendisti, fatta salva la possibilità per i contratti collettivi di individuare limiti diversi. 

6) TIPOLOGIE CONTRATTUALI:

La riforma contiene un testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni in cui vengono eliminati i contratti di collaborazione a progetto (co.co.pro.) e vengono invece confermate le seguenti tipologie contrattuali: contratto di somministrazione, contratto a chiamata, lavoro accessorio (voucher), contratto di apprendistato, part-time, mansioni.

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