UNA RECENTE PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE SULL’INSTALLAZIONE DI TELECAMERE E SULLA CONFIGURABILITA’ DEL DELITTO DI VIOLENZA PRIVATA

La Corte di Cassazione, sezione V, con la sentenza n. 20527 del 7 marzo 2019, ha annullato senza rinvio perché il fatto non sussiste la pronuncia dei giudici del merito che avevano condannato per il reato di violenza privata, di cui all’art. 610 c.p., due cittadini a seguito dell’installazione sul muro perimetrale delle rispettive abitazioni di alcune telecamere orientate verso zone aperte al pubblico transito.

Ad avviso della Suprema Corte, infatti, l’installazione di sistemi di videosorveglianza privata con riprese di aree pubbliche non costituirebbe in sé un’attività illecita, così come non sarebbe ravvisabile, nel cambiamento di abitudini consequenziale di alcuni abitanti del posto per evitare di essere ripresi, quell’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice in esame in quanto “condizionamenti minimi indotti dalle condotte de quibus, tali da non potersi considerare espressivi di una significativa costrizione della libertà di autodeterminazione”.

Più chiaramente, verrebbero a mancare gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 610 c.p. anche in considerazione del fatto che il sistema normativo, nel contemperamento tra interessi contrapposti come la libertà individuale e la sicurezza sociale, impone il rispetto di alcune regole fondamentali pienamente accertate nella vicenda oggetto di giudizio.

Ed infatti, gli imputati attenendosi alla normativa vigente, avevano opportunamente avvisato i terzi della presenza del sistema di riprese audiovisive attraverso apposita segnaletica di modo che qualunque soggetto, avvicinandosi all’area interessata dalle telecamere, ne fosse consapevole perchè debitamente informato. In tali casi il trattamento dei dati personali può essere effettuato, anche senza il consenso dell’interessato, se ciò è strettamente necessario alla realizzazione di un legittimo interesse del titolare, come quello di proteggere suoi beni primari (sicurezza, vita e proprietà privata).

Peraltro, sempre ad avviso dei giudici di legittimità, non può ritenersi integrato il reato di violenza privata quando non è ravvisabile, per le caratteristiche dell’azione, una costrizione a tollerare qualcosa di ulteriore e diverso dalla condotta di per sé violenta o minacciosa del soggetto agente.